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                MONELLE

          -o la sacrificata-

La storia

 

Monelle, ragazza bella e innocente, fa la domestica in una casa di montagna. A lavorare insieme a lei c'è sua sorella, Nan. Queste due sorelle dell'aria pura e leggiadra sono sorridenti, solari, pacate, si direbbe: soddisfatte. Ma una mattina, all'improvviso, Nan non riesce più a muovere le gambe. Naturalmente, la proprietaria della casa chiama un dottore per fare visitare la povera ragazza; e codesto conferma un brutto sospetto: Nan rimarrà così per sempre. Turbata dalla situazione della sorella Monelle ricorda una visione accaduta nel sogno: una misteriosa regina l'invitava ad andare a trovarla per riportare a casa il rimedio che farà guarire Nan. Eccoci dunque in una avventura nella quale la nostra protagonista s'imbatterà in una serie di personaggi che sfideranno la sua purezza d'animo. Ciononostante, Monelle sovrasta senza esitare i tranelli che il destino le pone e trova finalmente il desiderato rimedio: adesso può ritornare da sua sorella. Ma quando arriva a casa Nan non c'è più (miracolosamente guarita e poi sposata). Quasi senza rendersene conto Monelle era stata via per anni. Così, delusa, triste e sconsolata dalle esperienze vissute in viaggio e dall'assenza di sua sorella finisce per cedere alla tentazione, contaminare la sua anima pura, perdere l'innocenza e, in questo modo, entrare anche lei nel mondo viziato degli uomini.

 

 

Lettura del regista

 

L'argomento della sceneggiatura è tratto da una breve narrazione di Marcel Schwob. Questo racconto tratta fondamentalmente della disillusione come rivelazione di un mondo inaccessibile. A modo di completare l'interpretazione di Schwob, il cortometraggio vuole conferire una dimensione fisica a questa disillusione: ossia, vedere il momento in cui quest'emozione si manifesta materialmente nell'uomo. È per questo che il tema della disillusione va intimamente legato a quello della sessualità. Se secondo Schwob l'innocenza si perde tramite il disincanto del mondo, la sceneggiatura ci dice che quell'innocenza è innanzitutto una realtà priva di coscienza della propria sessualità. Ecco perché il cortometraggio non finisce con la morte della protagonista, come invece succede nel racconto di Schwob, ma conduce l'oramai matura e cosciente Monelle a rimproverare Dio della perdita del paradiso terreno: ovvero l'ignoranza della propria sessualità. 

 

 

 

 

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